Uno dei frutti del concilio di Trento fu il moltiplicarsi, fra le popolazioni cattoliche, di associazioni spontanee dette Confraternite aventi come scopo la promozione della vita cristiana attraverso speciali opere buone, dirette al culto divino e alla carità verso il prossimo. Tali associazioni, approvate dall’autorità Ecclesiastica, erano rette da un competente superiore eletto democraticamente e assistite da un sacerdote.
Il giorno 19 marzo dell’anno 1608 un falegname lucchese, maestro Bartolomeo Salani, si sentì ispirato da dio a fondare una confraternita in onore di San Giuseppe. A tale scopo, nei giorni successivi, “cominciò ad andare a trovare gli altri falegnami a le botteghe loro on pregarli di volere contribuire si con la borsa come ancora con le fatiche e facendo simili attieni ebbe per suo compagno maestro Piero Buonamici”. I falegnami si riunirono per la prima volta nella chiesa di San Ponziano (o più probabilmente nell’oratorio vicino alla chiesa dove era solita riunirsi l’antica corporazione delle sette arti) e scelsero tra i presenti sei persone, Domenico Boisi, Bartolomeo Magi, Giovanni Pacini, Antonio Ferrara nonché il Salani e il Buonamici, affinchè trovassero un luogo adatto per le future riunioni della Compagnia. Con atto notarile del 30 giugno 1608 si prendeva, in affitto, per 3 libbre di cera annua, un locale adiacente l’antica chiesa di Santa Maria in Palazzo sotto la quale si trovava la chiesa di S. Eligio detta volgarmente S. Alò. Frattanto la Compagnia aveva scritto i suoi capitoli, gli atti, che venivano approvati da Mons. Cristoforo Guidiccioni Vicario Generale del vescovo Alessandro Guidiccioni, il 30 settembre 1616. Alcuni anni più tardi, Pierangelo Gemignani lasciava per testamento alla Compagnia, duegento scudi. Secondo la volontà del testatore, metà di questa somma doveva essere impiegata per l’acquisto e la trasformazione in oratorio dei locali occupati dalla Compagnia, mentre il frutto dell’altra metà più il fitto di una casa -in tutto 18 scudi annui- dovevano essere distribuiti in dote a tre fanciulle da marito, figlie di confratelli, da estrarsi a sorte ogni anno il giorno della festa di S. Giuseppe. Ciò avvenne puntualmente fino al 1808. Si provvide con sollecitudine anche alla costruzione del nuovo oratorio al quale, poiché si trovava in posizione elevata, si accedeva per un’ampia gratinata: di qui il nome di S. Giuseppe in Scala.
Con bolla in data 13 febbraio 1610 il Papa Paolo V concedeva ai confratelli e alle consorelle di Indulgenza Plenaria alle solite condizioni, il giorno dell’ingresso in compagnia; lì Indulgenza di sette anni ai fedeli che avessero visitato l’oratorio di S. Giuseppe nelle feste di Pentecoste, Natale, Assunzione della Madonna e di tutti i santi e l’Indulgenza di 60 giorni a coloro che fossero intervenuti alle sedute pubbliche o private della Compagnia. Un Decreto del Governo Baciocchi in data 15 maggio 1808 poneva fine alla attività di questa Confraternita e delle altre, numerosissime, della Città e dello Stato. I loro beni vennero conquistati dal Demanio e molte delle loro chiese furono vendute all’asta pubblica o demolite. La chiesa di S. Maria in Palazzo e l’oratorio di S. Giuseppe alla Scala che erano ubicate all’inizio dell’attuale piazza XX settembre (detta allora piazza dell’erba) verso piazza Napoleone e che nel sec. XVII erano sede di ben sei confraternite, vennero demolite nel novembre 1810.